Fisico e matematico italiano. Compiuti
gli studi nella sua città natale, nel 1626 si trasferì a Roma,
alla scuola di Benedetto Castelli, grazie al quale conobbe Galileo. Nel 1641
T. scrisse
De motu gravium naturaliter descendentium et
proiectorum, opera in cui ampliò i concetti contenuti nel terzo
dialogo dello stesso Galileo; in seguito alla pubblicazione di questo trattato,
Galileo lo assunse come suo assistente a Firenze. Morto l'insigne maestro tre
mesi dopo, il granduca di Toscana nominò
T. matematico di corte e
suo filosofo personale e gli affidò la cattedra di Matematica nello
Studio fiorentino. Nello stesso 1641
T. compose alcune opere scientifiche
che furono poi pubblicate, insieme con il
De motu gravium, nel volume
Opera geometrica (1644), contenente interessanti studi di matematica e
fisica. In esso
T. affrontò questioni di matematica con il metodo
degli indivisibili di B. Cavalieri, superando il maestro nei risultati ottenuti
e nella chiarezza espositiva, grazie alla quale il nuovo metodo, precursore
della moderna analisi infinitesimale, si diffuse presto in tutta Europa. In
particolare,
T. introdusse gli
indivisibili curvi, che gli
permisero di affrontare il problema dell'integrale definito. Egli confrontava
due curve piane scoponendone una con un sistema di curve in strati di spessore
infinitesimo (
indivisibili curvi) e l'altra con un sistema di rette
parallele (
indivisibili rettilinei): in tal modo due figure risultano
avere la stessa area se ogni indivisibile curvo ha la medesima area del
corrispondente indivisibile rettilineo. Con questo metodo
T.
riuscì a dimostrare che particolari figure di dimensioni infinite possono
avere volume o area finiti (da questo punto di vista, tuttavia, fu probabilmente
anticipato dalle ricerche di P. de Fermat sulle iperboli di ordine superiore, o
di G.P. de Roberval). Determinò inoltre un metodo universale per il
calcolo del baricentro di una qualsiasi figura, mediante il rapporto tra due
integrali. Ottenne notevoli risultati anche nell'ambito del calcolo
differenziale: intuì il concetto di derivata e comprese il carattere
inverso dell'operazione di integrazione rispetto a quella di derivazione,
enunciato più tardi da I. Barrow in un teorema, detto
teorema di
T.-Barrow (V. OLTRE). Sperimentatore
rigorosissimo,
T. si fece apprezzare anche nel campo della fisica, in
particolare nei settori della idrodinamica e della balistica. A lui si deve, fra
l'altro, l'invenzione del barometro (
tubo di T.), per il quale il grande
scienziato faentino si valse di alcuni esperimenti sulla pressione atmosferica
effettuati fin dal 1644.
T. dimostrò la possibilità del
vuoto in natura, scoprendo e misurando, allo stesso tempo, la pressione
atmosferica, grandezza fisica fino ad allora insospettata. Studiò il moto
di efflusso di un liquido da un foro di piccola sezione, enunciando il celebre
teorema (
teorema di T.): la velocità di efflusso di un liquido da
un foro sul fondo di un recipiente di sezione molto maggiore rispetto a quella
del foro, a profondità
h sotto il livello del liquido, in assenza
di attriti, è pari a

dove
g è l'accelerazione di
gravità.
T. costruì anche alcuni strumenti ottici e
perfezionò la tecnica usata per fabbricare le lenti, raggiungendo
notevole abilità tecnica nella lavorazione delle lenti da cannocchiale
(Faenza, Ravenna 1608 - Firenze 1647). ║
Teorema di T.-Barrow:
teorema fondamentale del calcolo integrale, che lega l'operazione di
integrazione definita con quella di derivazione. Data una funzione
f(
x) definita in un intervallo
I e integrabile in ogni
intervallo [
a,
b] in esso contenuto, detta
F(
x)
una sua qualsiasi primitiva, vale